2. TOAST ( STORIA ALTRUI )

di myoddmovies

toast

Ant**** era sulla porta e accennò un sorriso quando mi vide arrivare
“che mi puoi fare di caldo e veloce ? “ preannunciai mentre arrivavo.
Il pomeriggio era quasi sempre il turno di Ant****.
Un po’ scorbutico ma tranquillo, molto meno schizzato degli altri. Certo non la persona adatta per una conversazione. Ma in fondo non avevo voglia di parlare e quindi andava benissimo cosi. Ant**** veniva dall’ Honduras e solo Dio sa come fosse capitato li con quel suo accento latino che rendeva ridicole le poche parole che diceva. Mi allungò il solito menu plastificato che ormai conoscevo a memoria facendomi capire che se volevo magiare li , il convento passava quello. Un toast andava benissimo, mi sarei rifatto per cena.
Un toast e una birra. Aspettai.
E mentre ero seduto al caldo di quel pomeriggio la seconda sorpresa della giornata mi colpì come può colpire una gomitata al naso durante una rissa per futili motivi nei sotterranei musicali del Rockcafè. Forse per lo strano risveglio , forse per la fame che mi faceva camminare svelto senza fare caso a quello che mi capitava intorno, non mi ero accorto del taglio che avevo sull’ avambraccio sinistro. Un taglio lungo circa quindici centimetri e che andava dall’interno del polso a metà avambraccio quasi fino all’incavo del braccio sinistro.
Un taglio molto superficiale, un graffio direi. Non un graffio causato da un unghia ma da qualcosa di tagliente , forse un chiodo o una scheggia di legno. Fui sorpreso perché non riuscivo a ricordare che cosa potesse essere successo. Sicuramente me lo ero procurato il sabato notte precedente. Forse ero caduto o forse mi era sgraffiato scivolando da qualche parte.
Tuttavia era un 8 luglio un po’ troppo carico di sorprese per i miei gusti.
Forse avrei dovuto condurre una vita più regolare, forse era arrivato il momento di ridurre certi eccessi perché quelli erano evidenti segnali di cedimento da parte del cervello. Ma fu la terza sorpresa che sconvolse definitivamente quel mercoledì afoso di luglio.

C’è un sentiero che si addentra nei campi, c’è un ponticello di legno immerso nel verde. C’è una strada che conduce al bosco. Credi di aver visto tutto, non è vero ? credi di conoscere te stesso e nella tua penosa arroganza non ti rendi conto che non sai niente. Ti limiti ad osservare le cose solo per il suo aspetto esteriore ma non sei mai riuscito a penetrarle completamente. Ecco questa è la tua occasione di redenzione, caro amico, questa è la volta che imboccherai la strada verso il bosco senza poter tornare indietro quando la vegetazione si fa troppo fitta e il buio prende il sopravvento ; è arrivato il momento di arrivare alla fine della strada. Oh, caro amico, non osare voltare le spalle al tuo destino,non sfidare volontà più forti delle tua perché la strada che conduce alla risposta questa volta va percorsa tutta. La colazione è più buona per chi sa aspettare.

Ant**** arrivò con il toast e la birra. Ero affamato, addentai il toast e lo finii in pochi morsi. Lo stesso per la birra, qualche sorso e vidi il fondo spesso del bicchiere. Intanto Ant**** si era seduto accanto a me sugli sgabelli e si dondolava guardando la gente passare.
Non so quale notizia alla tv gli aveva messo in bocca argomenti per me del tutto senza interesse in quel momento. Parlava e si dondolava sullo sgabello mentre si massaggiava la barba.
“mi sa che queste sono le ultime che ti servo, caro. A fine estate torno a a casa.
Lo guardai mentre mi pulivo la maglia dalle briciole di pane , sorpreso e incuriosito.
Sebbene non avessi molta voglia di fare domande mi venne la curiosità di sapere che programmi avesse in mente ; magari avrei potuto prendere qualche interessante spunto per la mia vita persa in balia del caso. Continuò senza che gli chiedessi niente.
“ la mia esperienza qui in It**** ha fatto il suo tempo. Quello che ho combinato qui non ha certo soddisfatto le mie aspettative, pensavo di fare tante cose e invece… e invece sono qui da quasi un anno a servire birre “
Rimase un attimo in silenzio con le dita affondate nella barba sotto la guancia strizzando gli occhi . poi si alzò , passò lo straccio sui tavolini.
“ torno a casa e metto su famiglia, vado a lavorare al chiosco dei miei e questo e quanto. La vita presenta il conto , ogni tanto, e devi avere i soldi per pagarlo. Non fa credito “ .
Io giocherellavo con la bustina del ketchup, apparentemente assente alla conversazione. In effetti sentivo quello che diceva ma non lo ascoltavo. Pensavo al signore che aveva riempito di ketchup la bustina. In effetti pensavo al signore che azionava la macchina che metteva il ketchup dentro la bustina. Chissà dov’era, in che parte del mondo si muoveva, cosa stava pensando in quel momento. Magari sognava di fare un altro lavoro ma il destino, la vita gli aveva assegnato quello. Pochi discorsi, dal destino non si sfugge, aveva ragione Ant****.
Siamo come pesci rossi dentro una palla di vetro, puoi girare quanto vuoi ma in fondo dalla palla non si scappa. Puoi avere il corallino rosso e la casina fatta di conchiglie, puoi avere un alga rinseccolita che ti fa arredamenyo.
Non cambia molto. Siamo tutti li dentro. La fine del nostro universo coincide con il vetro della palla. Fine della storia.
“ sia chiaro “ riattaccò all’improvviso “ mi sono divertito un sacco, ho conosciuto tante persone belle e brutte e tutto il resto. Ma adesso sto iniziando a vedere le cose da un altro punto di vista. L’ultimo bicchiere è sempre di troppo e la musica è sempre troppo alta. Forse sto invecchiando , e mi sto accorgendo di aver perso un sacco di tempo “
Ero stato in religioso silenzio fino a quel punto, avevo ascoltato la sua predica da uomo finalmente maturo che abbraccia le proprie responsabilità e decide di continuare la prestigiosa tradizione di vendita gazzose nel chiosco del padre.
“ si , Ant****, tutto vero. Ma scusa chi lo dice che stiamo perdendo tempo ? E’ così necessariamente inevitabile usare e abusare fino all’ultimo centesimo del tempo che abbiamo ? O forse a volte è molto più naturale e semplice abbandonarsi e lasciarsi trasportare dagli eventi ? Guarda bello che sia che tu prenda la strada lunga o quella corta , in entrambi i casi, l’arrivo è sempre lì, nessuno lo sposta per farti un piacere. Almeno così la penso. E sicuramente mi sbaglio. Ora portami un’altra birra per favore che queste salse sono salate da fare schifo. “
Ant**** tornò dentro, continuando a massaggiarsi la barba, e con lo straccio ficcato nella tasca posteriore dei jeans, due taglie sopra la sua.
Chissà dove mi ero fatto quel graffio sul braccio. Qualcosa stava tornando su dalle profondità della memoria ma non mi sembrava che il sabato notte fosse successo qualcosa per giustificare quel graffio , superficiale, ma lungo. E poi c’era quell’insopportabile odore di aria condizionata , tipo quella che si sente negli aerei, chissà da dove diavolo veniva.
Forse dovevo smettere di distruggermi durante i fine settimana. Insomma non ero più un ragazzino e il cervello mi stava andando in bambola. Forse avrei potuto andare in Honduras con Ant**** e rilevare la gestione del chiosco. Da Ant**** e L** .
Suonava male. Che assurdità.
Adesso ero io a dondolarmi sul panchetto, osservando la gente passare davanti a me.
Le finestre dei palazzi davanti si erano incendiate, con il calar del sole. Arancio vivo. Ombre e riflessi giocavano tra il vetro e i miei occhi mentre la gente, imperturbabile, continuava a passarmi davanti senza sosta, e senza meta. Lo sgabello dondolava, la gente passava davanti a me e questo pazzo mondo continuava a ruotare inesorabilmente.
Di nuovo in casa . Il caldo torrido della giornata stava iniziando a dare tregua e lasciare il posto ad una brezza , tiepida, ma piacevole.
Avevo ricevuto un paio di inviti ma adesso ero completamente rincoglionito dai tre giorni a letto che ancora mi sembravano assurdi. In realtà ero piuttosto stanco, ma pensai che era dovuto al fatto che avevo dormito così tanto che forse il mio corpo e il mio cervello volevano continuare a dormire. Un po’ di tonno, fagioli due crackers, acqua , naturale. Che diavolo di cena.
In quel momento in milioni di case nel mondo babbo mamma due figli forse un cane stavano con le gambe sotto un tavolo ed una cena decente nel piatto, una buona dose di tv poi bambini a letto giratina al cane, un paio di volte al mese un po’ di sesso.
E’ forse quella la vera follia ? o la mia ? Una cena consumata sullo scalino di marmo che dava sul terrazzino dal quale potevo vedere il viale alberato difronte casa. Qualche passante con il cane, una coppia su un motorino. Dei bambini che giocavano ai giardini e dei quali sentivo le grida.
Era un periodo sicuramente particolare della mia vita.
In effetti non aveva senso quello che stavo facendo. Voglio dire, non avevo un obiettivo, non avevo niente per cui lottare, niente per cui svegliarmi , veramente, la mattina. Forse per questo l’unico mio scopo era quello di tirar tardi la notte, bere e dimenticare. Il fatto è che non avevo niente da dimenticare, non avevo niente tanto che mi ero dimenticato della cosa più naturale possibile, ossia svegliarmi. Ripensai a quel lungo sonno mentre la vicina, sul terrazzo accanto toglieva i panni.
Ma avevo veramente dormito così tanto ? Iniziai ad aver paura, a temere di stare impazzendo. Di certo stare in casa a pensare a certe cose mi faceva male. Era meglio uscire, magari una birra mi avrebbe aiutato, e poi ogni scusa era buona per non stare in quel forno di stanza. La vicina con l’ultimo paio di mutande in una mano , e le mollette nell’altra si voltò per accennarmi un saluto, con il suo sguardo ormai sconfitto dalla vita e poi sparì dietro le persiane. Verdi, per l’esattezza.